Il Vangelo di questa domenica è una pagina decisiva, che interroga tutti, una domanda che scuote l’anima e che rischia di accompagnarci per tutta la nostra esistenza terrena. “Ma voi, chi dite che io sia?” – sono le poche parole che Gesù rivolge ai suoi discepoli, dopo aver chiesto loro cosa diceva di lui la gente che lo incontrava lungo le strade del suo cammino. Pietro risponde alla domanda, ma le parole di Gesù vanno oltre il semplice credere, perché presuppongono una condivisione di vita dopo l’incontro personale con lui…
Ricordo ancora la prima volta che ho ascoltato queste parole, che ho avvertito che quella domanda era rivolta anche a me… avevo 18 anni era il mese di settembre del 1977 in una stanza della canonica di San Martino sopra Figline Valdarno. Da quel momento Gesù è entrato nella mia vita, e non è più uscito dai miei pensieri. Il mio primo incontro è avvenuto lì. Un innamoramento che mi ha spinto e mi spinge a cercare Dio; fatto di dubbi, paure, fughe, rifiuti, tradimenti, rinnegamenti, tentativi e cambiamenti, ma non esiste giorno che il pensiero di lui e di Dio non faccia parte della mia quotidianità.
Ma tutto ciò non basta per rispondere a questa domanda che ci accompagna e diventa parte di noi e che presuppone la nascita di un rapporto. E come avviene negli incontri tra le persone, nel corso del tempo e della crescita personale, cambia la conoscenza, la consapevolezza, e l’idea stessa che si ha di noi, ma anche del mondo e di Dio. Anche oggi in alcuni momenti mi accade, come avvenne in quel settembre di 43 anni fa, che il mio cuore si scaldi ed avverta la sensazione forte di una presenza accanto a me, ma ancora tutto ciò non basta se non riesco a capire chi sono e perché avverto questa presenza. L’incontro ha un senso se diventa un momento di crescita. Ecco allora che “Chi dite che io sia” non è una domanda teorica, e la risposta di ieri, forse più sentimentale rispetto a quella di oggi, indica anche il senso di un cammino fatto, dei fallimenti e delle cose conquistate, e indica il cammino da fare.
Quello in cui diciamo di credere è un Dio molto concreto, che non vuole essere adorato, ma scoperto ogni giorno, e che ci invita anche a scoprire chi siamo noi realmente e a dare un senso nuovo alla nostra vita. Poi è un Dio che vuole essere amato nel povero e in colui che ha bisogno di un aiuto perché non sopporta le ingiustizie. In queste settimane sto leggendo un bellissimo libro scritto da Arturo Paoli nel 1969 dal titolo “Dialogo della liberazione”, che traccia il percorso che ogni persona può fare per una sua personale liberazione. La libertà è una vocazione che io costruisco in questo tempo e questo spazio partendo dalla conoscenza di me e dei miei limiti, accettando la realtà di chi sono. Vuol dire uscire dal personaggio che mi sono costruito per scoprirmi come persona con i miei difetti e le mie ricchezze. Per trovare la nostra libertà occorre sempre che qualcosa muoia.
In fondo è questo il senso stesso della resurrezione: un cammino di liberazione che inizia già in questa vita. Non è il premio finale che ci viene dato, ma il frutto di scelte concrete, basate sull’amore, che si compiono nel corso degli anni e dello scorrere del tempo. “Chi dite che io sia” è la domanda della vita a cui siamo chiamati prima o poi a rispondere, perché è la domanda anche su chi sono io, sul senso da dare al nostro scorrere dei minuti e delle scelte da fare, su cosa far nascere e morire, su cosa abbandonare e cercare, sull’amore e sull’egoismo e anche non rispondere a questo invito è in fondo una scelta che facciamo….