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Continua la pressione del governo italiano contro le Ong

Continua senza sosta la triste diatriba tra questo governo e le Ong che salvano nel Mediterraneo vite umane.

È veramente deprimente vedere come la politica, nel portare avanti le proprie convinzioni, non guardi in faccia alle sofferenze di chi, per diversi e validi motivi (tutti legittimi e che nessuno di noi vorrebbe vedere calpestati o limitati), cerca di costruirsi una nuova vita, affrontando viaggi che possono durare mesi o anni, subendo umiliazioni, torture, prigionia.

Il Ministro Piantedosi si sta dimostrando uno dei peggiori ministri degli interni di questi ultimi decenni, una persona non in grado di ricoprire quel ruolo.

Dopo averlo sentito parlare di persone come “carico residuale”, ora si è passati al prolungamento della fatica, del dolore, della sofferenza di uomini, donne e minori, all’interno di navi costrette a percorrere migliaia di km, prima di arrivare a un cosiddetto “porto sicuro”.

Addirittura si è arrivati a vietare alle organizzazioni non governative (Ong), una volta conclusa un’azione di soccorso, di poterne compiere altre anche se lungo il loro tragitto verso un porto sicuro, vengono a conoscenza che altre persone stanno rischiando la vita.

Sembra che la questione migranti per questo governo sia tutto concentrato sulle Ong, considerate come “traghettatrici”, che favoriscono la migrazione, e non come “aiuto” necessario dovuto alla mancanza di politiche pubbliche ed europee che riescano ad affrontare in modo serio un fenomeno che da alcuni decenni è esploso e che non si fermerà ancora per lungo tempo.

Se in Europa non si hanno risultati grazie anche soprattutto all’azione e alle politiche dei sovranisti oggi alla guida in diversi stati dell’Unione, il governo Meloni e il suo ministro degli interni Piantedosi si concentrano sulle Ong.

Un modo per sviare l’attenzione, tralasciando che la maggior parte dei migranti sbarca direttamente nel nostro territorio senza nessun aiuto (su oltre 100.000 sbarchi, solo il 14% arriva a un porto grazie a un soccorso in mare), o arriva addirittura dalla Rotta Balcanica dai confini di Trieste e Gorizia.

Tralasciando anche che le Ong salvano in media meno del 15% dei migranti che arrivano via mare.

Questi i dati tratti dal sito www.lacartadiroma.org un’associazione fondata nel dicembre 2011 per dare attuazione al protocollo deontologico per una informazione corretta sui temi dell’immigrazione, siglato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti (CNOG) e dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) nel giugno del 2008.

In Italia al 23 dicembre secondo i dati del Ministero dell’Interno sono stati 101.127 i migranti sbarcati, numeri superiori rispetto al 2021 quando gli arrivi in Italia erano stati 64.612, soltanto 33.863 nel 2020. Dati che vanno contestualizzati davanti al costante evolversi dello scenario migratorio e alla pandemia Covid-19 che negli anni scorsi ha rallentato il numero delle partenze.

Sono invece 1.998 i migranti morti o dispersi nel Mediterraneo centrale secondo i dati del progetto Missing Migrants dell’Organizzazione mondiale delle migrazioni, non considerando i naufragi che non è stato possibile documentare. Ai quasi 2mila morti tra cui almeno 88 minori si aggiunge il numero delle persone che vengono intercettate dalla guardia costiera libica e riportate nei centri di detenzione: oltre 23 mila nel 2022.

Al numero dei morti, vicino a quello del 2021 quando erano 2.062, al numero sempre crescente delle intercettazioni da parte delle autorità libiche, bisogna affiancare la percentuale dei soccorsi da parte delle Ong: soltanto il 14% secondo l’Ispi sul totale dei migranti arrivati in Italia (pari a più di 14mila persone tratte in salvo)”.

Un problema, quello del rapporto con le Ong che non si evidenzia solo con i governo di centro destra, ma che ha visto anche i governi di centro sinistra fasi di forte acredine e di forte conflitto, soprattutto quando ministro degli interni è stato Minniti.

Se le Ong hanno impedito che circa 2.000 persone nel corso del 2022 rischiassero di perdere la vita, tutti noi dovremmo essere loro riconoscenti, ad iniziare dalla politica e da chi gestisce il governo.

Al contrario si cerca in tutti i modi di mettere loro i bastoni tra le ruote, perché la loro azione mette a nudo tutti i limiti nostri e dell’Unione Europea.

Nostri perché l’Italia da venti anni, dalla legge Bossi-Fini, sta trattando queste persone sempre più come clandestini, evitando di far ricorso ai flussi migratori, rendendo più difficile il percorso della loro stabilizzazione.

Della Comunità Europea perchè dopo il Trattato di Dublino, soprattutto negli ultimi 10 anni, ha pensato più ad alzare muri che non a cercare di affrontare congiuntamente un tema che solo unitariamente può essere affrontato.

Al Governo Meloni e al ministro degli interni (che volutamente scrivo con le iniziali in minuscolo visto il suo atteggiamento) ha risposto con garbo, signorilità e decisione Valeria Mancini, il Sindaco di Ancona, la città che in questi giorni è stata individuata dal ministero quale “porto sicuro” per l’attracco di due navi delle Ong con decine di migranti a bordo.

La nostra comunità farà la sua parte perché nessuno sia lasciato in mare – ha affermato il Sindaco ricordando “l’assoluta illogicità di chi costringe migranti ad affrontare altri 1500 chilometri (con onde alte sei metri) per poter sbarcare.

Non è il singolo caso di Ancona il problema, semmai l’intero sistema di accoglienza a presentare criticità che c’erano anche prima e che questo governo non ha risolto. Il tema è serio e complicato e va affrontato nelle sedi istituzionali, evitando di usarlo da parte di tutti per propaganda politica a buon mercato.

Noi a questa non ci presteremo”.

Dovrebbe essere la stessa indignazione di chi vede nella politica la massima espressione dell’etica, per cui al primo posto c’è sempre la tutela della vita di ciascun essere umano.

Tutto il resto viene dopo.

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