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Don Mauro e la Chiesa del Giglio; ogni giorno cercare di restituire dignità agli ultimi….

La Chiesa di Santa Maria del Giglio a
Montevarchi è una delle chiese più belle ed antiche della città di Montevarchi. E’ nata alla
fine del ‘500 per custodire un affresco di Maria che allatta il bambino posta
all’interno di un tabernacolo considerato miracoloso, nel quale si narra sia
apparsa più volte in quegli anni la Madonna. Oggi a distanza di oltre 5 secoli,
è un luogo che mantiene inalterata la sua bellezza e dove si compie un miracolo
quotidiano, l’accoglienza dei poveri, dei derelitti, di coloro che nella loro
vita hanno perso tutto e chiedono una opportunità o la possibilità di riscatto
e cercano di vivere con dignità. 
Qui da oltre 20 anni opera
il Centro d’Ascolto
della Caritas interparrocchiale con al suo interno la casa
famiglia. Don Mauro Frasi è l’anima e la guida del centro della Caritas. E’ lui
che ci spiega chi sono le persone che qui arrivano, alcune per ripartire
presto, altre per cercare una nuova opportunità.
Alcune persone cercano una breve sosta
per ripartire. Altri hanno bisogno di un periodo assai più lungo per recuperare
forza per la vita…ciascuno con la sua storia ed un pesante bagaglio. Ecco
allora la Casa di Elisabetta per chi si ferma fino a tre mesi o casa di
prima accoglienza….Pellegrini in viaggio, persone senza fissa dimora scesi dal
treno, malati psichici senza famiglia, immigrati abbandonati, poveri poveri,
uomini o donne, qualche volta sono minori. Quando partono liberi e più contenti
facciamo festa a tavola.Casa Maria e Giuseppe per le persone che desiderano
restare a lungo per mettere quasi radici in Valdarno. Prendere residenza.
Lavorare. Studiare. Sposarsi, tornare come a casa, per fare casa, così come è
stato per alcuni”.
Non si può non partire dalla storia di Don Mauro per
capire da dove nasce questa esperienza di accoglienza e di amore, fatta di cose
essenziali come un letto per dormire, un po’ di pane e dei vestiti, un sorriso
quando ci si incontra, la possibilità di dire cosa ci agita dentro, una pacca
sulle spalle per provare a provare, ad osare, a non mollare e dare speranza
alla giornata che inizia.
Non conoscevo i poveri – spiega Don Mauro– Conoscevo si persone che lavoravano forte per
portare il pane a casa, per pensare ai figli e a farli studiare, a preparare un
domani migliore. E anch’io ho studiato molto e forse lavorato ancora di più.
Con passione, imparando dal sapore del pane buono condiviso il sapore della
vita buona, imparando dal lavoro per la vendemmia a settembre prima del ritorno
a scuola e dal lavoro per la mietitura subito dopo la fine della scuola, fino
alla battitura nell’aia. Un rapporto di comunione tacita familiare ,gareggiando
ad aiutarsi a vicenda, fra famiglie vicine
.
Una vita fatta di valori sani, di essenzialità quella
di Don Mauro nella sua adolescenza e gioventù, ma senza ancora la scoperta del
povero, della persona che non ha niente da condividere. Una scoperta che
arriverà più tardi.
Come ti chiami? Ho chiesto al primo barbone
che ho visto da vicino, perchè lui usciva ed io volevo entrare dalla stessa
porta della cattedrale .Così vicino da sentire subito odore , misto a disagio,
il suo ed il mio anche
 – continua a raccontare Don
Mauro – Non so quale fosse maggiore. Avevo già fatto diversi anni di
università ma non avevo scoperto chi dormiva sui marciapiedi senza più una casa
ed un letto, mangiava senza una tavola e sedie…non so raccontare oggi come
sia stato possibile. Non avevo imparato nessun nome. Ma lui mi corresse: Non mi
chiedere il nome, tu sai chi sono, ma dimmi piuttosto dove abiti povero Cristo?
Dopo pochi giorni ho imparato anche il suo nome Giovanni De Sua. Ci siamo visti
molte volte. Ho provato a farlo portare al Pronto Soccorso quando stava troppo
male per la deviazione sporca ed infetta e non chiedeva aiuto. L’ho
accompagnato per un po’ di strada,fino alla fine. Da povero Cristo. Forse fu
quello il giorno della vocazione per i poveri,sulla porta di una cattedrale, lì
che non ho voltato il viso dall’altra parte , Il povero cristo era li. Poi
anche nella cattedrale.
Don Mauro parla del suo incontro con la povertà e con
il povero Cristo prima di tutto per ricordarlo a se stesso, per non dimenticare
mai, anzi continuare a masticare questo “apologo della Cattedrale” e la domanda
che sta dietro ai nostri quotidiani comportamenti:
Cosa sto facendo? E la risposta è sempre questa: Voglio costruire una
cattedrale! Qualcosa di bello per Dio e per gli uomini!. Così lo sguardo si
alza verso un orizzonte ampio dove il cielo si incontra con l’umano, là dove le
pietre di scarto possono diventare testate d’angolo, là dove tutte le pietre sono
importanti,preziose. Pietre con il cuore umano, bagnate dal sudore e dalle
lacrime. Ogni volta una sorpresa di bellezza. Altre volte di nuovo scartate”.
L’altro passo decisivo nella vita e nelle scelte di
Don Mauro è quando il 18 ottobre del 1978, insieme a Luigi Verdi e altri 4 giovani
seminaristi si trova in piazza san Pietro alla prima Messa di Giovanni Paolo
II° e lui dice forte “Non abbiate paura ! Aprite, anzi
spalancate, le porte a Cristo “. Don Mauro prende sul serio questo
annuncio missionario di cominciare dal tenere aperte le porte., che per lui
saranno le porte di chiesa e forse anche quelle della casa canonica.
L’ho fatto con una certa perseveranza e forse un’ostinata pazienza – spiega Don Mauro – nella speranza che
diventino anche porte della Misericordia; non per nostro merito ma perchè il
povero Cristo ci visita senza avvisare . Mi ha sconvolto sempre sentir ripetere
” ma quando mi hai chiesto un bicchiere d’acqua e non ti ho dato…”
E quella porta della chiesa e della canonica è ancora
oggi sempre aperta, a qualunque ora, per chi bussa, per chi ha bisogno.
Migliaia di persone, di ogni terra, di ogni colore, di ogni religione, di ogni
idea politica, prima ricchi e oggi poveri, sono entrati da quella chiesa e da
quella canonica e insieme a loro è entrata la provvidenza, fatta dalle tante
persone che offrono e donano quello che serve perchè chi bussa possa trovare un
po’ di dignità. Una porta aperta dove l’odore dell’incenso si mescola con
l’odore delle pecore.
Ancora oggi spesso mi domando ma cosa stiamo facendo? Per chi lo facciamo? – continua Don Mauro – Ma intanto che trovi
la risposta, offri un bicchiere d’acqua a uno che ha sete, poi un vestito a chi
ne è senza, un posto a tavola a chi ha fame. Questa è la vita qui alla casa
famiglia, con Dio che porta a compimento quanto hai cominciato a fare e lo fa
utilizzando mani, amore umano, quell’amore silenzioso che dà vita alla
provvidenza che permette a noi ogni giorno di poter accogliere tante persone.
Ogni uomo/donna cerca un posto a tavola, una casa, un po’ d’affetto”
.
Don Mauro ha dedicato la sua vita ad accogliere
l’altro. Un percorso lungo, un cammino che all’inizio era incerto, guidato dal
desiderio di una casa con la porta aperta.
Non c’era un progetto all’inizio della Casa Famiglia – conclude Don Mauro – C’era il bisogno di casa e di
famiglia di molti poveri che bussavano alle nostre porte. Da lì è cresciuta la
pianta della accoglienza ed è diventata una pianta un po’ grande ,come la
senape, dove possano trovare riparo in molti. Una chiesa che accoglie come un
mantello di carità che si allarga come un abbraccio. E conosce anche il suo
limite ed il dolore di non poter accogliere tutti, tutti…”
Non è facile oggi poter entrare nella casa famiglia
della Caritas al Giglio. Dopo un breve colloquio al centro di ascolto, occorre
una lunga attesa perchè non c’è posto per tutte le richieste. Ma Don Mauro è
una persona caparbia e cerca sempre una possibile soluzione. Per lui ogni persona ha il diritto a riposare un po’ per
riprendere il cammino. Ha bisogno di ritrovare fiducia in se stesso e, se
possibile, negli altri. Ha bisogno di rielaborare un progetto di vita, di un
aiuto concreto, di una spinta amica. Solo da questi aspetti si può ricominciare
a usare le ali.
Usare le ali, senza dimenticare le
proprie radici. In fondo questo è il destino della nostra vita ciò a cui ogni
uomo e ogni donna non può rinunciare per vivere con dignità.
Così
quel miracolo su cui è nata questa bella chiesa del Giglio secoli fa, ancora
oggi ogni giorno si compie, quando da quella porta aperta appare una persona in
cerca di aiuto e qualcuno da dentro gli dice “vieni entra e riposati un
po’….”

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