“C’è qualcosa di me, dentro me, che non sai fino in fondo… C’è un giardino che mai, forse mai troverai, dove mi nascondo…” sono le parole iniziali di una bellissima canzone di Zucchero dal titolo “Ahum”
Parole che si possono legare a una storia d’amore, ma anche alla nostra vita spirituale, là nello spazio dove possiamo nasconderci dagli altri, ma non da noi stessi e dove si gioca la nostra vita.
E anche la nostra vita spirituale in fondo è una storia d’amore….
Chissà, forse in queste riflessioni sono in parte condizionato da un libro sulla spiritualità che sto leggendo in questi giorni, dal titolo “Conversazioni notturne a Gerusalemme”, del Cardinale Carlo Maria Martini e curato per il Corriere della Sera da Vito Mancuso.
In questo libro Vito Mancuso, nel presentare questa rassegna di testi sui maestri dello spirito, spiega nelle prime pagine cosa intende per spiritualità.
“La dove sarà il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore” si legge nel Vangelo e il filosofo Fichte aggiunge “quello che ami, tu lo vivi”. Per cui la nostra fede, o comunque ciò in cui crediamo, nasce non dall’adesione alla dottrina di una religione, ma dalla nostra esperienza umana, un’esperienza che matura dentro la nostra coscienza, che mi piace pensare sia il nostro giardino, la parte intima di noi dove si forma il legame tra amore e vita e che poi noi manifestiamo in tanti modi, ogni giorno, lungo il nostro cammino.

In questo senso Mancuso parla della spiritualità come di un viaggio, caratterizzato dalla nostra etica personale che orienta la scelta della strada che prenderemo.
È nel giardino segreto dentro di noi che ci poniamo la domanda in cosa crediamo, qual è l’ideale della nostra vita, a cosa vogliamo tendere e dove decidiamo anche della nostra libertà.
C’è un sentire che abita nel nostro giardino segreto e per questo credo che la nostra spiritualità personale si lega in modo indissolubile alla nostra personale libertà.
Nella sua introduzione a “Conversazioni notturne a Gerusalemme” Vito Mancuso parla della definizione del termine religione che dà il filoso britannico Alfred North Whitehead: “Religione è ciò che l’individuo fa della propria solitudine”, in quello spazio tutto personale e intimo dove si costruisce e si vive la relazione con il Dio in cui si crede, o comunque si opera a stretto contatto con la propria coscienza sulla base dei valori e degli ideali in cui diciamo di credere.
Nel caso della fede non è un’adesione a una dottrina, o a dei riti, ma l’adesione a una visione della vita che nel caso del Cristianesimo è la proposta ad operare per un regno dove il bene e la giustizia sono le mete a cui tendere e costruire giorno dopo giorno.
Dunque è nel giardino segreto dentro di noi che prende forma quella che sarà la nostra spiritualità e dove si gioca la nostra libertà.

E pensando a un cammino di fede mi viene da pensare che c’è spesso un giardino anche nella Bibbia….
Inizia con un giardino, il giardino piantato da Dio nell’Eden: “Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi” (cfr Gen 2,8);
Termina con l’evocazione di una città-giardino, la Gerusalemme celeste: “In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni” (Ap 22,2).
Ma anche al suo centro, la Bibbia ospita un giardino, quello del Cantico dei Cantici: “I tuoi germogli sono un paradiso di melagrane, con i frutti più squisiti, alberi di cipro e nardo, nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo, con ogni specie di alberi d’incenso, mirra e àloe, con tutti gli aromi migliori” (Ct 4,14).

Il giardino è una delle rappresentazioni dell’amore i cui segni sono i colori dei fiori, i frutti delle piante, il verde che nasce dalla terra lavorata, irrorata di acqua e dal nostro lavoro quotidiano; il giardino, nel cammino di fede, è uno dei simboli dell’alleanza tra Dio e l’uomo e la donna, dove Dio fa la sua parte e noi dobbiamo fare la nostra.
Nella mia vita ho la fortuna di amare la coltivazione delle piante e dei fiori. So cosa vuol dire veder crescere una pianta, potarla, ripulirne il terreno, aspettare con pazienza i suoi tempi. Trascorro ore bellissime immerso nella cura delle piante, provando a far durare nel tempo la vita di un fiore.
Non ho avuto sicuramente la stessa cura del mio spazio interiore o dei miei modi di amare. Ma essendo la vita spirituale un viaggio anche i lunghi momenti di silenzio trascorsi nel verde mi hanno aiutato a dare un po’ di spazio anche al mio giardino personale che è fatto poi di tante piccole cose che hanno costruito e costruiscono ancora la mia vita.

La cura del giardino è sì una parte attiva, ma anche una passiva, perché all’azione del tuo gesto corrisponde anche la tua attesa dei tempi della pianta che tu devi rispettare.
È la pazienza dell’attesa anche dei nostri tempi personali che nascono dalla scelta di mettersi in ascolto della nostra interiorità. E se si riesce a farlo la nostra coscienza ci parla e ci aiuta a scegliere le cose da seguire e da fare.
Così dopo aver iniziato con una canzone sul nostro giardino nascosto, mi piace concludere queste riflessioni scritte in libertà con un’altra frase di una canzone che può accompagnare la nostra vita e la nostra spiritualità, dedicata questa volta al tempo e scritta da Ivano Fossati: “Dicono che c’è un tempo per seminare, e uno più lungo per aspettare. Io dico che c’era un tempo sognato, che bisognava sognare”.
È nel tempo sognato che il nostro giardino interiore e nascosto prende forma e concretezza, grazie alla terra ricca della sostanza dei nostri valori e alla limpidezza dell’acqua dei nostri ideali….