
C’è un prima e un dopo nella passione di Gesù; un prima che è ancorato alla vita di questo mondo, e un dopo che non è di questo mondo. Da uomo forse troppo attaccato a questa vita terrena, è soprattutto quel prima che mi prende in questi giorni che portano verso la Pasqua. Quel prima sono le poche ore racchiuse tra la cena del giovedì santo e la crocifissione di Gesù. In quel prima c’è tanta carnalità e umanità.
Ci sono mani che lavano e una bocca che bacia i piedi, c’è uno spezzare il pane e il condividere il vino, ci sono intingoli di pane messi in bocca a qualcuno, baci pericolosi ricevuti, voci di soldati che mettono ferri alle mani, ci sono frustate e parole, grida di condanna e cadute in terra sotto il peso di una croce, altri lavaggi di mani per paura di sporcarsi e condanne senza appello, tradimenti alle luci dell’alba, chiodi che si confittano nella pelle. Ma ci sono anche gesti di grande umanità; una ferita sanata, carezze, lacrime sparse in un orto mentre si prega e si ha paura, tenerezza, perdono, misericordia, amore….
La sera del giovedì e le ore che conducono al Calvario, sono la rivoluzione di Dio, la proposta di Dio all’uomo, libero di scegliere. Due momenti di queste ore soprattutto spiazzano la mia mente e sono il bivio, la porta stretta che porta alla rinuncia o alla fede.
Il primo è l’eucarestia che noi vediamo come un momento spirituale e basta ma che invece è di una carnalità unica. Ricordo ancora a un incontro a Romena quando Davide Rondoni diceva: “ma dove la trovate una fede più carnale e pazza di quella cristiana e soprattutto quella cattolica: noi ogni domenica mangiamo uno”.
Si perchè Gesù è figlio di Dio ma è anche uomo e noi mangiamo di quel corpo e beviamo di quel sangue. La nostra è una fede che non ha limiti, come l’amore…
Per me ogni domenica quel momento è il momento massimo del dubbio, mi chiedo veramente sempre chissà cosa accade ora….
Ma è l’altro per me il momento che più affascina e interroga in questi giorni; la lavanda dei piedi, il gesto massimo dell’umanità, quello di diventare servo di chi ti è accanto.
Due uomini devo ringraziare per la lavanda dei piedi; il primo è don Ivan che quando ero giovane ragazzo, mi ha chiamato per lavarmi i piedi durante un giovedì santo, facendomi scoprire cosa vuol dire essere disponibili a farsi lavare e dunque l’umiltà di mostrarsi per quello che si è..
L’altro è Giorgio Bonati che invece mi ha concesso il privilegio durante il secondo corso a Romena di lavare i piedi alle persone appena arrivate insieme a lui.
Persone sconosciute, non avvertite di quanto doveva accadere quella sera, piedi non lavati, acqua calda nella brocca e un asciugamano.
Timore e al tempo stesso desiderio di fare quel gesto, di viverlo.
Quei baci e l’incontro con lo sguardo e il sorriso di persone che non conosci, ma riconoscenti, momenti che non scorderò mai.
Il mio amore per Giorgio è legato indissolubilmente a quel momento, a quel coinvolgermi in un gesto che lui non sapeva che per me era così importante nel mio cammino di fede, ma che lui ha deciso di condividere con me.
Così come bellissimo è il giovedì sera a Romena in cui ci si lava i piedi a vicenda, in quel continuo scambio di servire e farsi servire.
Allora mi sembrava bello avvicinarsi al giovedì santo richiamando il post che lo scorso anno Giorgio ha messo prima di partire per Fraternità di Romena Onlus per vivere lì la Pasqua.
Ha postato quella brocca, quella catinella e l’asciugamano con cui un giorno qualche anno fa, mi ha insegnato un pò di più ad amare…….
