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Perchè è necessario mangiare un’idea per compiere la nostra personale rivoluzione

“Un’idea, un concetto un’idea, fin che resta un’idea è soltanto un’astrazione, se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione…..”

Sono le parole del ritornello della bellissima canzone “Un’idea” che Giorgio Gaber ha scritto nel lontano 1972. Un testo che mette in luce tutte le nostre contrapposizioni spesso tra ciò che affermiamo a parole e ciò che poi viviamo concretamente.

Sono tanti anni che ascolto e canto questa canzone e tutte le volte mi ritrovo in ciò che dice e nei piccoli grandi esempi che il testo propone alla nostra riflessione, mettendo in luce le contraddizioni che dentro di noi non possiamo nasconderci.

Giorgio Gaber

E da tanti anni, chissà perché, quando canto o ascolto il testo e la musica, mi viene in mente l’Eucarestia e il senso non solo religioso, ma anche umano, che è insito in quel gesto.

Mi sembra veramente che questa canzone ci richiami al senso sociale e “politico” (inteso come scelta personale) che il gesto di Gesù dello spezzare il pane e del bere il vino nell’ultima cena propone.

Per i Cristiani, pur nelle diversità di interpretazione che emerge tra Cattolici e Ortodossi da un lato e Protestanti dall’altro, nell’Eucaristia si ha la presenza reale e concreta di Gesù.  Diventa dunque un atto di fede religiosa che non intendo affrontare in queste riflessioni.

Ultima Cena di Leonardo Da Vinci

Posso solo dire che spesso in quel momento durante la Messa, mi assalgono domande e dubbi che cerco di lasciare andare pensando a un Dio talmente bello, straordinario e umile che ha deciso di stare sempre e comunque in mezzo a noi

Ma lo spezzare il pane e il vino di Gesù e le sue parole “fate questo in memoria di me”, assumono anche un forte senso sociale e “politico” per il nostro modo di vivere e di pensare la vita.

Quel gesto è anche una rappresentazione del modo di essere che Gesù è stato e ha proposto agli uomini/donne del suo tempo e che propone a tutti noi anche oggi.

Fino a quando un’idea resta nella nostra mente e nelle nostre aspirazioni senza scendere nel concretro delle nostre azioni (dunque entra anche nella nostra carne e nel nostro modo di essere), ma suscita in noi solo sentimentalismi e buoni propositi, resta solamente una cosa astratta, non vissuta.

In questo le parole della canzone “Un’idea” mi fanno pensare all’Eucarestia, che è anche rappresentazione del modo di vedere la vita di Gesù.

Quello spezzare il pane e bere il vino spingono a una scelta di campo; spingono a fare nostro il messaggio che Gesù propone nel Vangelo che trova il suo “manifesto” concreto nel discorso della montagna e nelle Beatitudini.

L’affreco del discorso della montagna nella Cappella Sistina realizzato da Cosimo Rosselli

Gandhi diceva che queste sono “le parole più alte del pensiero umano”, per i cristiani vengono direttamente da Dio. Ma hanno ispirato anche la vita di tante persone diverse in questi secoli, credenti e non credenti.

Se ascoltate la canzone di Giorgio Gaber, la sua prima strofa dice così: “In Virginia il signor Brown, era l’uomo più antirazzista, un giorno sua figlia sposò un uomo di colore, lui disse bene, ma non era di buon umore”.

Prendo spunto da questi versi, per riportare le parole scritte in un libro-dialogo tra Eraldo Affinati e Marco Gatto sul razzismo e i modi di combatterlo dal titolo “I meccanismi dell’odio” che ho letto in questo periodo. 

La copertina del libro “I meccanismi dell’odio” di Eraldo Affinati e Marco Gatto

Nella parte finale si legge così: “E’ necessario sciogliere i propri grovigli interiori, eliminare le scorie che ci trasciniamo dietro, mettere alla prova le nostre convinzioni. Questa è la vera integrazione tra “noi” e “loro”: il resto è cartellonistica, titolo di giornale”.

Noi dovremmo incarnare le parole che pronunciamo” dice ancora Eraldo Affinati, un modo diverso di far entrare dentro di noi quelle idee e quei valori in cui crediamo.

Anche queste parole mi riportano alla bellissima canzone di Gaber sulla rivoluzione che avviene dentro di noi quando le idee e le parole che pronunciamo sono nutrimento per la nostra vita.  

Sono tanti gli spunti di riflessione che la canzone ci offre, il razzismo è solo uno di questi. “Un’idea” continua con tante altre forme di contraddizione tra ciò che noi diciamo di essere e ciò che realmente si muove dentro di noi.

50 anni dopo “Un’idea” è ancora qui a interrogarci su chi siamo veramente e in cosa realmente crediamo.

E sempre in questi giorni, forse non a caso, ho aperto e iniziato a leggere il libro “Buongiorno Infinito” che riporta alcune delle riflessioni del compianto e amatissimo amico Fra Giorgio Bonati, una tra le persone più belle che ho incontrato in questa stagione della mia vita.

Fra Giorgio Bonati

Anche lui tra le sue tante e profonde riflessioni tocca il tema dell’Eucarestia: “Chi crede nell’Eucarestia non sta con le mani giunte, ma tiene le maniche rimboccate. Perché nel profumo di quel pane spezzato annusa la forza di un sogno. Diventa un insoddisfatto, un insoddisfatto delle mezze misure….”

Si uniscono bene la musica e le parole di Giorgio Gaber con le riflessioni sociali e umane di Eraldo Affinati e la spiritualità concreta di Fra Giorgio.

Tre spinte diverse grazie alla musica, all’azione e alla spiritualità per compiere la nostra personale rivoluzione….

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