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Pluralismo dell’informazione, garanzia di democrazia. Perdere dei diritti senza neanche accorgersene

L’art.
14 della manovra finanziaria prevede un notevole taglio ai fondi per
l’editoria. 
 
Tra
i quotidiani più colpiti ci saranno testate come Il Manifesto,
Libero, Avvenire e la mitica e storica Radio Radicale (una radio che
in diretta dà voce da sempre alle opinioni politiche, racconta le
sedute parlamentari, ci ha reso partecipi dei grandi processi che si
sono svolti in questi anni in Italia).
Giornali
e mezzi di comunicazione molto diversi per le idee politiche
espresse, che garantiscono, proprio per la loro diversità, il
pluralismo dell’informazione.
E
da qui si deve partire, dal sostegno al pluralismo dell’informazione,
per capire quanto sta accadendo e le ripercussioni, in materia di
libertà e di garanzia dei diritti, che questo provvedimento potrà
portare.
Per
capire bene il senso di quanto il governo ha proposto e il Parlamento
votato, è necessario spiegare che l’attuale sistema di sostegno al
pluralismo dell’informazione è il frutto di un lungo percorso che
ha portato alla legge n. 198 del 2016. 
 
Questa
legge ha ridefinito la platea dei beneficiari del sostegno pubblico,
prevedendo quale condizione necessaria l’esercizio esclusivo, in
ambito commerciale, di un’attività informativa autonoma e
indipendente. 
 
Queste
aziende
devono
essere cooperative giornalistiche o enti senza fini di lucro,
comprendendo le imprese editrici il cui capitale sia interamente
detenuto da tali enti no profit.
Vengono
esclusi esplicitamente dai finanziamenti gli organi di partito, i
periodici specialistici a carattere tecnico, aziendale, professionale
o scientifico, i gruppi editoriali quotati in borsa.
Vengono
mantenuti i contributi per i quotidiani e i periodici delle minoranze
linguistiche, per i periodici destinati a non vedenti e ipovedenti,
per le associazioni dei consumatori e per i quotidiani e i periodici
italiani editi e diffusi all’estero
Dunque
una legge che nasce per garantire il pluralismo dell’informazione
sulla base di quanto disposto dall’art. 21 della Costituzione sulla
libertà di stampa.
Appare
chiaro a tutti che uno stato democratico si basa sulla libertà di
stampa e sulla libertà di espressione.
Non
è un caso che tutte le forme di regime tendono a colpire proprio
questa libertà (ricordiamo il fascismo in Italia, o più di recente
quanto accade in Turchia o in Russia), perchè spinge il cittadino a
pensare, interrogarsi, approfondire, conoscere.
Appare
oltremodo chiaro, pensando alle testate maggiormente colpite, che
niente hanno tra di loro in comune, se non quella di esprimere idee e
opinioni, che proprio il pluralismo dell’informazione viene toccato
da questo provvedimento, intaccando in qualche modo quella che è una
garanzia costituzionale di cui lo stato (il governo e il parlamento
in primo luogo) deve farsi invece garante.
E
non è certo un caso che sia proprio il Movimento 5 Stelle il maggior
sostenitore di questo provvedimento, dato che da sempre vede nel
giornalismo uno dei suoi maggiori nemici, ipotizzando solo nella rete
la possibilità di una libera informazione ( e di un notevole ritorno
economico a favore della Casaleggio Associati).
Ci
sono tanti modi per rendere più vulnerabile e meno democratico un
paese e mettere a rischio o limitare voci come Il Manifesto, Libero,
Avvenire e Radio Radicale è un modo di rendere meno libero un
popolo.
Anche
così, senza rendersene conto, si limitano e si perdono diritti e si
rendono le persone sempre più sudditi e sempre meno cittadini.
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