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Senza arrivare in cima….riflessioni sul Natale e su di noi

In questi giorni mi è  capitato di prendere in mano l’ultimo libro scritto da Paolo Cognetti che si intitola “Senza arrivare in cima” e dedicato al suo cammino in Nepal intorno all’Himalaya.


Non ho ancora nè acquistato nè letto il libro, ma scorrendo la pagina finale della copertina, si intuisce il senso profondo che lo ha spinto in quei luoghi e il perché del tragitto che ha percorso intorno al monte Kailash, considerata una cima sacra. 


Un viaggio per riscoprire la propria anima e il senso profondo della nostra vita.


Un viaggio che “sembra procedere tortuosamente verso una meta, ma che invece è una circumambulazione continua attorno al silenzio, alla solitudine più piena, quella dove non siamo noi a sfidare superbamente la natura, ma è il suo altrove originario a espugnare senza sosta i nostri limiti” .Cito le parole di Andrea Velardi scritte su Il Messaggero, che molto bene esprimono il senso di questo cammino.


Leggendo queste parole, riflettendo dentro di me in queste ore che precedono il Natale anche sul bellissimo titolo del libro, mi viene da pensare che in fondo è questo il senso stesso della nostra vita spirituale su questa terra, ovvero quello di camminare senza arrivare mai alla cima, perché  essenziale è  respirarne l’aria. 


Ma per camminare intorno alla cima e respirare la sua aria, é  necessario avere una bussola, seguire precise condizioni, quelle indispensabili alla vita della nostra anima.


Vuol dire stare dentro l’aria che si sprigiona intorno a quella cima, l’aria dove Dio (per me che ci credo) diventa non la meta da raggiungere ma il compagno invisibile di cui avvertiamo la presenza, un’aria fatta di momenti di silenzi, di parole scambiate con gli altri compagni di viaggio, di contemplazione della natura, di tempi che si dilatano e perdono di significato, di essenzialità nei gesti, di contatto con se stessi. 


La chiamerei la bussola della nostra personale libertà, lì dove costruiamo la nostra suçessiva discesa a valle, nello spazio della Comunità.  


La vita di ciascuno di noi è dettata da tre azioni fondamentali a cui siamo tutti chiamati: vedere, fermarsi, toccare. 


Vedere e fermarsi sono parte della nostra esperienza spirituale, toccare invece si riferisce alla nostra esperienza personale di partecipazione alla storia del nostro tempo.


Se si vuole seguire il pensiero del Dio dei cristiani, quel Dio ci dice che ha un altro spazio dove ha deciso di farsi trovare; è  là dove un uomo è affamato, assetato, violentato, deriso, povero, incatenato, usurpato e privato dei propri diritti di uomo.


Quel Dio non abita spazi diversi perché l’amore vive di silenzi dove costruirsi (vedere e fermarsi) e di gesti dove diventare concretezza (toccare).


In questa notte di stupore per noi cristiani per un Dio che decide di farsi uomo, nel posizionare le statuine del presepe, o partecipando alle Messe nelle nostre chiese, ricordiamoci dove Lui ha deciso di stare e di farsi trovare. 


È una scelta da rinnovare ogni giorno, una lotta continua che ci deve portare a rinunciare ad altri tre verbi fondamentali come avere, salire, comandare che rappresentano l’altra sponda della vita su questa terra.


E senza respirare l’aria che si muove intorno a quella cima e la bussola che ci guida nel cammino non possiamo farcela, perché  non si può  costruire l’amore senza respirare l’aria che Dio ha voluto per noi.


Buon Natale e buona rinascita ogni giorno per tutti noi respirando l’aria del Dio dell’amore, senza aver bisogno di toccare la cima….


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